# Le stelle oscurate 11 Febbraio le donne nella scienza

STELLE OSCURATE

Il tema del rapporto tra donne e scienza e il difficile riconoscimento di questo ruolo da parte della società, anche nelle sue sezioni più sensibili e avanzate, è una questione divenuta uno dei nodi centrali di Istituzioni nazionali e internazionali nell’ambito delle politiche della ricerca del lavoro e della formazione.

Le cause e le possibili misure per affrontare il fenomeno alimentano da tempo un ampio dibattito tra esperti e opinione pubblica che puntano il dito sulla persistente difficoltà per le donne a raggiungere posizioni di rilievo nel mondo della ricerca e dell’innovazione, dibattito stimolato, spesso, da discussi e discutibili interventi .

Le donne e la scienza hanno proceduto nel passato su cammini distanti di cui per lungo tempo la storia ha ritardato l’incontro. Due dati sono sufficienti a dar conto di questa difficoltà: le scienziate insignite del Premio Nobel sono pochissime e il numero di donne cui vengono affidati ruoli di rilievo nella ricerca e nelle istituzioni è ancora molto esiguo, malgrado da anni gli istituti scientifici delle università siano frequentati soprattutto da ragazze, nonostante la popolazione femminile con titolo di studio superiore abbia toccato nel nostro secolo percentuali sempre più alte.

Come spiegare i motivi della scarsa presenza femminile nella storia della scienza, le defezioni che si verificano alla fine della carriera scolastica o gli steccati nelle discipline “eccellenti”?

Sicuramente è necessaria una riflessione sulle enormi difficoltà incontrate dalle donne per ottenere il diritto all’istruzione di base, prima, e quello alla frequenza accademica, poi.

La battaglia delle europee per il diritto all’istruzione universitaria non fu uno scherzo. In Germania, fino al 1908, per frequentare le università come uditrici, le donne dovevano ottenere il permesso dei titolari dei corsi, il che era un grosso progresso: nel passato dovevano scomodare il ministro dell’educazione. Ad esempio, ad Oxford, negli anni ’30, le chimiche potevano frequentare le “general sessions”, ma non i club in cui si discuteva di ricerca avanzata.

In Italia venne permesso soltanto nel 1874 l’accesso delle donne ai licei e alle università, anche se in realtà continuarono ad essere respinte le iscrizioni femminili.

Diversa era la situazione delle donne americane, per le quali l’accesso all’istruzione universitaria era più semplice, ma la carriera scientifica non era affatto agevole, ed anzi, se la condizione delle scienziate europee era seria, ma senza speranza, quella delle americane, almeno fino al 1972, dava speranza, ma non era seria. Il principio “equal pay for equal work” era una divertente barzelletta: a parità di posizione accademica una donna poteva tranquillamente guadagnare la metà di un collega maschio. Le leggi contro il nepotismo, che impedivano agli atenei di assumere parenti del personale dipendente, volenterosamente applicate ad un’intera schiera di scienziate e mogli di professori, produssero effetti tra il drammatico ed il ridicolo: ci fu chi tenne a freno i sensi e si sposò solo dopo la pensione e chi capitolò e fece la mantenuta.

E quindi è stata l’apertura delle università alle donne, avvenuta per la prima volta nel 1867 all’Ecole Politecnique di Zurigo e in seguito negli atenei degli altri Paesi europei, a segnare una svolta, indicando il momento in cui il contributo femminile alla ricerca scientifica ha potuto estendersi in tutte le direzioni.

CARATTERISTICHE COMUNI ALLE DONNE DI SCIENZA

Sarebbe interessante individuare se esistono alcuni tratti comuni che caratterizzano le donne di scienza e le loro biografie.

Dalle storie delle scienziate non emergono costanti importanti riguardo alle loro capacità personali o al loro modo di essere. Non si ritrova uno stereotipo di scienziata, tantomeno quello tramandato dalla letteratura romantica di una donna poco femminile, troppo di testa e quindi poco di cuore, a volte stravagante e magari un po’ ridicola.

Le caratteristiche comuni sembrano di altra natura: da sempre le donne si sono riservate il campo della divulgazione (vera maestra è Margherita Hack) e più recentemente tale vocazione si esprime affiancando all’attività di ricerca quella didattica.

Altre costanti sono state la pazienza e la tenacia nel condurre a termine ricerche che, soprattutto prima dell’invenzione del calcolatore, richiedevano lunghissimi tempi in calcoli precisi e laboriosi, oppure in tecniche estenuanti e faticose, come ad esempio i lavori delle équipes di solo donne che infaticabilmente e per decenni hanno lavorato ai due più importanti cataloghi stellari dell’Ottocento: il catalogo fotografico La Carte du Ciel e quello Fotometrico di Harvard.

Un’altra costante ancora è stata la straordinaria sapienza nell’operatività pratica, che spesso si è tradotta nella vera e propria invenzione e costruzione di nuovi strumenti dal bagnomaria di Maria l’Ebrea la più importante alchimista dell’antichità, fino alle apparecchiature accurate della fisica nucleare Chien-Shiung Wu, una delle ottantatrè scienziate che hanno partecipato negli anni Quaranta al Progetto Manhattan, il Programma segreto di Enrico Fermi per la costruzione della bomba atomica.

Quando però il nuovo campo si consolida, arrivano le istituzioni, il potere e i soldi, le ricercatrici ne vengono estromesse o addirittura se ne auto-emarginano. Come interpretare questa scelta negativa? È dovuta alla scarsa attitudine delle donne alla competizione? ad una non accettazione dei modi del lavoro maschile? o al fatto che sono ancora molto penalizzate dal diverso carico nella divisione del lavoro familiare?

Le prerogative personali come la pazienza, la tenacia, l’operatività pratica, hanno una valenza ambigua e sembrano riduttive in quanto richiamano qualità domestiche da sempre attribuite al femminile. Però fanno risaltare, per contrasto, la genialità e il ruolo eminente che alcune scienziate hanno ricoperto in diversi settori.

Ma sono soprattutto le vicende delle scienziate vissute fino a metà del XX secolo, quando alle donne era negata un’istruzione adeguata, quelle che rivelano alcune costanti rispetto al ruolo che la società ha avuto nei loro confronti.

Nelle biografie delle donne che hanno potuto studiare, che si sono, più o meno,  affermate si nota la presenza di una figura maschile molto importante, un padre “illuminato” che non si è fermato di fronte al fatto di avere una figlia femmina, un tutore attento alle potenzialità dell’allieva, un marito “complice e generoso” che ha condiviso con la moglie, alla pari, una vita dedicata alla scienza,   o un fratello accanto ad una fanciulla particolarmente dotata.

È realtà, in ogni caso, che gli women studies hanno scoperchiato una lapide che da millenni custodina innumerevoli e meravigliose intelligenze femminili. Tante esistenze dedicate allo studio e alla scienza alle quali, non solo, spesso,  è stato deliberatamente negato un riconoscimento ufficiale da parte del mondo scientifico, ma, di più: esse sono state “oscurate” dagli uomini con cui hanno lavorato, collaborato, condiviso i risultati delle proprie ricerche.

Ma perché?

Eppure non dovrebbero proprio esserci le domande perché significherebbe porre ancora dei limiti: affermare che esiste un limite femminile alla scienza significa avallare il pensiero chiuso e maschilista che ha fortemente paralizzato l’attività intellettuale delle donne nella storia.

Forse, però, si può parlare di un approccio femminile al sapere scientifico almeno per due aspetti: le scienziate danno più importanza al linguaggio cioè alla parola, al modo di esprimere i contenuti delle ricerche e danno anche più importanza alla tecnica, intesa sia come tecnologia che come pratica, metodo, calcolo. Queste capacità, che non sono da ascrivere al DNA o ai cromosomi, ma che sono legate alle condizioni in cui storicamente le donne hanno operato, diventano adesso sempre più importanti poiché le donne si interrogano molto di più sul tipo di lavoro che stanno facendo, si preoccupano del linguaggio, del trasferimento e della comunicazione di quello che stanno studiando e questi sono certamente elementi che possono portare un contributo di genere. L’attenzione a quello che facciamo e alla comunicazione, sviluppata nella storia che abbiamo vissuto, diventa adesso un elemento fondamentale perché il riuscire a porre domande, a guadagnare tempi per la riflessione e parole per la comunicazione implica assunzione di responsabilità nell’elaborare le forme del nostro futuro e diventa certamente un valore aggiunto nella ricerca.

E se proprio qualcuno insistesse sul fatto di dover ad ogni costo attribuire un genere alla scienza, beh, in quel caso, per essere scientifici, etimologicamente e morfologicamente parlando, SCIENZA è un nome comune FEMMINILE SINGOLARE.

prof.ssa Francesca Zerman -Dipartimento di Lettere

 

Alcune STELLE OSCURATE dalla STORIA PATRIARCALE

ANTICHITÀ

EN-HEDU-ANNA

AGANICE

TEANO

IPAZIA

MEDIOEVO

ILDEGARDA DI BINGEN

TROTULA

XVI-XVII SECOLO

SOPHIE BRAHE

MARIA CUNITZ

MARGARET CAVENDISH

ANNE CONWAY

ELISABETHA KOOPMAN

MARIAV WINKELMANN

XVIII SECOLO

LAURA BASSI

DOROTHEA LEPORIN ERXLEBEN

ANNA MORANDI MAZZOLINI

MARIA GAETANA AGNESI

CAROLINE HERSCHEL

MARIE PAULZE LAVOISIER

XIX SECOLO

ADA BYRON KING – LOVELACE

MARIA MITCHELL

AMALIE DIETRICH

ELLEN SWALLOW_RICHARDS

AGNES POCKELS

XX SECOLO

NETTIE MARIE STEVENS

ANNIE CANNON JUMP

HENRIETTA SWANN LEAVITT

MARIE CURIE

MARIA VON LINDEN

CLARA IMMERWAHR

ROSA LUXEMBURG

MILEVA MARIC

MARGARETHE VON WRANGELL

LISE MEITNER

EMMY NOETHER

GERTY RADNITZ CORI

BARBARA MC CLINTOCK

MARIA GOEPPERT MAYER

RACHEL CARSON

RITA LEVI MONTALCINI

DOROTY CROWFOOT HODGKIN

CHIEN SHIUNG WU

HEDY LAMARR

GERTRUDE ELION

ROSALIND FRANKLIN

MARGHERITA HACK

VERA COOPER RUBIN

JNE GOODALL

DIAN FOSSEY

EVELYN FOX KELLER

LYNN MARGULIS

ADA YONATH

JOCELYN BELL BURNELL

XX SECOLO

TU TU TU

LINDA BUCK

FRANCOISE BARRÉ  SINOUSSI

REBECCA CANN

FRANCES HAMILTON ARNOLD

FABIOLA GIANNOTTI

ILARIA CAPUA

KATLEEN MC NULTI

JEAN BARTIK

BETTY HOLBERTHON

MARLYN MELTZER

FRANCES SPENCE

RUTH TEILTELBAUM

KAREN SPARK JONES

EVELIN BEREZIN

MARGARETH HAMILTON

ANITA BORG

RADIA PERLMAN

SOPHIE WILSON

SHAFRIRA GOLDWASSER

KATIE BOUMAN

MARISSA MAYER

RESHMA SAUJAMI

 

La classe 2B, guidata dalla prof.ssa Francesca Zerman, ha approfondito e realizzato presentazioni multimediali e segnalibri per “illuminare” le ragazze e le donne scienziate nella storia.  Le studentesse e gli studenti hanno donato alle classi 5^ , alla Dirigente scolastica, al Personale Docente e ATA i segnalibri, mettendo a disposizione di tutti gli insegnanti interessati l’UDA  “Donne e Scienza”.  Grazie del vostro meraviglioso lavoro!