Il 4 Novembre è la giornata che celebra l’Unità Nazionale e le Forze Armate in Italia. La data segna la fine della prima guerra mondiale: il 4 novembre 1918, l’armistizio tra l’Italia e l’Impero Austro-Ungarico segnò la fine delle ostilità sul fronte italiano. Questo evento è visto come un momento cruciale nella storia italiana, poiché contribuì a consolidare l’unità nazionale e non è mai abbastanza onorare coloro che hanno servito e hanno sacrificato la propria vita per il nostro Paese.
Migliaia di uomini sul fronte e di donne senza armi sul “fronte interno” hanno vissuto la devastante esperienza della guerra e commemorare il 4 Novembre serve a mantenere viva la memoria del loro sacrificio.
Tuttavia il terribile scenario bellico a cui stiamo assistendo carica di un significato ulteriormente complesso e ambivalente la Giornata del 4 Novembre: il ricordo della fine di una guerra incrocia le guerre in atto e ci deve condurre a riflettere sulla drammatica certezza che il conflitto armato è ancora una realtà in molte parti del mondo. Celebriamo il 4 Novembre onorando i caduti e le Forze Armate, come è giusto per una comunità civile e riconoscente, ma, contestualmente, è altrettanto importante promuovere un dialogo pacifico e una cultura della non violenza: la giornata serve a ricordarci, per un verso, che la vera unità nazionale si costruisce anche attraverso il rispetto e la solidarietà, sia a livello nazionale che internazionale e, per l’altro, ad allontanare sentimenti nostalgici di glorificazione della guerra come unica soluzione.
Quando le guerre vengono percepite come eventi distanti da noi o inevitabili, si corre il rischio di normalizzarle.
L’”abitudine alla guerra” è proteiforme e sa declinarsi in tanti, troppi modi: è la strada emotiva verso una desensibilizzazione al dolore e alla sofferenza delle donne e degli uomini coinvolti e rende più difficile mobilitarsi per la pace; è la passività degli adulti che influenza le giovani generazioni tra le quali potrebbe insinuarsi la percezione che la guerra sia una soluzione legittima ai conflitti; è l’accettazione che, si sa, ciclicamente i conflitti si presentano e non c’è verso di anticiparli e di fermarli; è l’abilità, tutta umana purtroppo, di diventare indifferenti e di giustificare la propria passività con l’attribuzione di responsabilità agli altri; è il contributo di ciascuno a una cultura che “prende atto” e accetta la guerra come unica risposta.
I conflitti in atto e le fragili relazioni internazionali non solo minacciano la stabilità globale, ma anche i valori di pace e cooperazione. Le guerre riaccendono il dibattito sull’uso della forza, sulla difesa dei diritti umani, sull’importanza della diplomazia e, anche se pare un ossimoro, sulla funzione pacificatrice degli eserciti. In questo contesto, il 4 Novembre può diventare un’opportunità per riflettere non solo sul passato, ma anche sulle sfide attuali.
Prof.ssa Francesca Zerman – Dipartimento di Lettere