17 MARZO 2024 Giornata dell’inno e della bandiera

GIORNATA DELL’UNITÀ NAZIONALE, DELLA COSTITUZIONE, DELL’INNO E DELLA BANDIERA

Istituita con l’obiettivo di ricordare e promuovere i “valori di cittadinanza, fondamento di una positiva convivenza civile, nonché di riaffermare e consolidare l’identità nazionale attraverso il ricordo e la memoria civica“, la GIORNATA DELL’UNITÀ NAZIONALE, DELLA COSTITUZIONE, DELL’INNO E DELLA BANDIERA è una ricorrenza celebrata il 17 marzo secondo quanto previsto dalla legge 23 novembre 2012, n.222.

Il 17 marzo del 1861 Vittorio Emanuele II viene proclamato Re d’Italia dal primo parlamento nazionale.

È chiamato Risorgimento quel complesso processo spirituale e politico, quella serie di trasformazioni economiche e sociali, di atteggiamenti letterari e culturali, di eventi diplomatici e militari, che tra la fine del Settecento e l’Ottocento, intrecciandosi e contrastandosi, portarono l’Italia dal secolare frazionamento politico all’unità, dal dominio straniero all’indipendenza nazionale, dall’assolutismo monarchico allo Stato liberale e costituzionale sotto la dinastia sabauda. Il movimento culturale che coinvolse soprattutto intellettuali, borghesi, e studenti richiama gli ideali romantici e patriottici di una rinascita italiana attraverso il raggiungimento di un’identità politica unitaria.  

Quando si dice Risorgimento si pensa a Giuseppe Mazzini, a Camillo Benso conte di Cavour, a Giuseppe Garibaldi, a Vincenzo Gioberti, a Massimo D’Azeglio, a Carlo Pisacane, a Vittorio Emanuele II. 

Sono questi i PADRI DELLA PATRIA, presenti in tutti i libri di storia. E le MADRI DELLA PATRIA?

Oggi puntiamo il riflettore su tutte quelle donne che hanno fatto, nascoste, il Risorgimento italiano, come lo saranno nel secolo dopo le partigiane.

I libri di storia non ci raccontano mai delle GIARDINIERE: così venivano chiamate tutte le donne che, appartenenti a un’articolazione della società segreta della Carboneria, invece che radunarsi alle vendite* si incontravano nei loro giardini. Ogni raggruppamento, giardino formale o aiuola, era composto da nove donne e, per entrare a farvi parte, queste dovevano superare un lungo periodo d’indagine. Le Giardiniere erano prima APPRENDISTE e, dopo un lungo periodo di tirocinio, diventavano MAESTRE GIARDINIERE.

Le apprendiste avevano un motto che sintetizzava i programmi operativi in atto: Costanza e Perseveranza.

Le Maestre Giardiniere svolgevano un ruolo piuttosto impegnativo ed erano autorizzate a portare un pugnale tra calza e giarrettiera. Il loro motto era: Onore e Virtù.

Segno di riconoscimento era disegnare con la mano un semicerchio, toccandosi la spalla sinistra, poi quella destra e alla fine battere tre colpi sul cuore.

Il nome giardiniere si riferiva probabilmente a divinità femminili come Astarte, Cibele, Afrodite, espressioni della Madre Terra primigenia. 

La maggior parte di loro apparteneva, come del resto gli affiliati maschi, alla nobiltà e all’alta borghesia intellettuale che andavano maturando la loro insofferenza verso la dominazione austriaca e coltivavano il sogno di un’unità nazionale.

Queste donne,  in gran numero, aprirono le porte dei loro salotti per accogliere i pensatori e per permettere ai patrioti di organizzare piani di liberazione, come la torinese Olimpia Rossi Savio, che, nonostante la perdita di due figli nella seconda guerra d’indipendenza, proseguì la sua attività di sostegno alla causa, al punto che Garibaldi la chiamò “Madre del Risorgimento”, o come la milanese Adelaide Cairoli che, pur nel dolore per la morte di 4 dei suoi 5 figli in battaglia, con determinazione e forza continuò a finanziare i giornali patriottici e ospitare nel suo salotto politico uomini di cultura e combattenti.

Le prime che iniziarono a lavorare per diffondere le idee liberali furono proprio loro.

Inizialmente la loro attività non fu riconosciuta, dato il pregiudizio per cui  si consideravano l’intelligenza e l’animo femminili totalmente estranei alla politica e solo dediti a compiti familiari e affettivi,  ma, dopo i moti rivoluzionari del 1821 e notizie precise su di loro giunte da Napoli fin sulla scrivania dell’Imperatore d’Austria Francesco I, lo stesso imperatore scrisse, nel settembre del 1823, al ministro della polizia conte Seldnitzsky, ordinandogli di far sorvegliare attentamente la loro attività. Cosa che da quel momento fu portata avanti dalle autorità austriache con grande determinazione.

Molte furono le donne che vennero arrestate e processate, accusate di far parte di queste società giardiniere. I provvedimenti che furono presi nei loro confronti si differenziarono tra nord e sud. Nel Lombardo – Veneto le giardiniere credevano che bastasse una congiura per cambiare le sorti del paese, non avevano organizzazione politica, né strategie comuni. Furono interrogate e la maggior parte delle volte giudicate non perseguibili. Nel Napoletano invece la congiura aveva assunto l’aspetto di un moto militare dalle caratteristiche più efficaci e le giardiniere del Sud, dimostratesi nei fatti più pericolose, furono incarcerate, torturate e condannate a vari anni di prigione.

Tutte dimostrarono straordinarie abilità nello sfuggire alle trappole degli interrogatori, contestando con astuzia le accuse di cui non erano evidenti le prove, subirono con fermezza la violenza delle carceri e affrontarono con eroismo la morte, sia combattendo che sotto il peso della condanna capitale loro inflitta dai governi cui si opponevano.

Patriote in una società come quella ottocentesca che affidava alla donna sostanzialmente compiti familiari, molte di loro rinunciarono persino all’apparenza della femminilità, tagliandosi i capelli corti e vestendosi da uomo, pur di poter combattere seguendo i loro mariti in battaglia, come, ad esempio, la padovana Tonina Masaniello, che partecipò all’impresa dei Mille o Antonietta Porzi, caduta combattendo per la Repubblica Romana sotto il fuoco dei Francesi. A morire sotto la mano dei soldati pontifici fu invece Giuditta Tavagni Arquati che nella sua casa di Trastevere dove si riunivano frequentemente i patrioti, mentre partecipava ad una riunione per organizzare la rivolta, fu uccisa dagli Zuavi. Era incinta del quarto figlio, con lei morirono anche il marito e un figlio.

Altre scesero in piazza durante le Cinque giornate di Milano. E rischiarono la vita passando il confine per portare messaggi cifrati, come la contessa Maria Gambarana. Altre ancora raccolsero fondi per acquistare armi e munizioni utili nelle battaglie.

Le donne furono anche croniste degli avvenimenti oltre che protagoniste, come Costanza D’Azeglio piemontese, cognata di Massimo D’Azeglio, che nelle lettere scritte al figlio Emanuele, diplomatico di Cavour, lasciò una cronaca dettagliata e partecipe degli avvenimenti torinesi.

Inoltre con incredibile sensibilità sociale e lungimiranza si resero conto che l’unità d’Italia non era solo una vittoria da raggiungere sul campo, come la patriota monarchica Giulia di Barolo, che si occupò della riforma delle carceri e lavorò perché il processo di unificazione passasse attraverso le riforme sociali.

Una delle rappresentanti più significative del Risorgimento fu Cristina Trivulzio di Belgiojoso: giornalista, viaggiatrice e femminista, di ampie idee progressiste, fu lei ad organizzare le truppe a Napoli per contribuire alle Cinque Giornate di Milano; a Roma fu poi nominata da Mazzini direttrice responsabile della “ambulanze”, gli ospedali provvisori aperti in alcune chiese romane per curare i feriti negli scontri del 1849.

Al Sud tra le donne risorgimentali spicca la repubblicana Antonietta De Pace, conosciuta come l’eroina di Gallipoli, in prima fila nell’impresa garibaldina festeggiò la liberazione di Napoli entrando in città a cavallo insieme con Garibaldi. Fu anche la mediatrice dei primi collegamenti tra i mazziniani di varie regioni, e lottò contro i Borboni fino all’arresto ed alla reclusione in un penitenziario napoletano (1855).

Non possiamo ovviamente dimenticare la più conosciuta eroina del Risorgimento italiano: Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, ovvero Anita Garibaldi, che non fu soltanto moglie dell’eroe dei due mondi e madre dei suoi figli ma soprattutto dedicò la sua vita alla libertà e all’indipendenza dell’Italia, si travestì da uomo, si tagliò i capelli, indossò l’uniforme e combatté il nemico sino alla fine.

Infatti il senso comune dei patrioti e la storiografia ufficiale, impregnati di pregiudizi, hanno spesso cancellato o messo ai margini il contributo politico e intellettuale delle donne. E così sono entrate a margine dei libri di storia solo alcune di loro, Anita Garibaldi, Teresa Casati Confalonieri, Giulia Beccaria, nel ruolo di madre o compagna di personaggi maschili, quindi esaltate nel quadro di virtù femminili in appoggio e sostegno dell’uomo, il vero eroe, chiamato a cambiare la storia.

Oggi nel ricordare il processo che ha portato all’unità dell’Italia è importante ricordare le azioni delle donne che vi hanno strenuamente e caparbiamente contribuito per sottolineare e ribadire che LA STORIA È SEMPRE E SOLO IL FRUTTO DELLE RELAZIONI DI GENERE.

È interessante riportare alcuni stralci dei verbali del processo contro le GIARDINIERE**

Matilde Viscontini Dembowski è l’emblema di una personalità forte, dotata di un acume e una maturità sorprendenti in una persona poco più che trentenne: “Nel corso dei due esami, Metilde è riuscita a non compromettere con una sola parola i suoi amici già arrestati […] negando anche la conoscenza dei fatti più evidenti […] Nelle sue risposte, è apparsa sempre guardinga e controllata, perfettamente consapevole del pericolo che ogni più piccola imprudenza comporta. A differenza di tanti altri inquisiti di questo processo, essa sa che tutte le circostanze hanno un peso”.

Bianca Milesi: “Troppi gli indizi di colpevolezza contro di me! Da tempo la polizia Austriaca mi ha schedata come “Rivoluzionaria che ha aiutato gli insorti e ha sostenuto la causa liberale”. La mia casa è stata perquisita, io sono stata interrogata ed arrestata perché considerata responsabile di alcune lettere compromettenti dirette a Gaetano De Castillia, cospiratore  carbonaro … a voi  noto. Del resto come evitare i sospetti: il fatto di indossare abiti maschili, di aver tagliato i capelli e di essermi dedicata per tanta parte della mia vita alla pittura, allo studio e alla diffusione della cultura mi ha reso più temibile e pericolosa! Ho fondato una scuola con lo scopo di far conoscere la lingua e la storia comune agli abitanti della Penisola italiana, ho accolto nobili, borghesi, popolani accomunati da sentimenti contro l’Austria e il suo governo. Non mi lascerò intimorire “ONORE E VIRTÙ!”

Maria Gambarana: Ho avuto un lunghissimo interrogatorio, sono accusata di aver oltrepassato il confine con il Regno Sabaudo e di aver scambiato messaggi con i Costituzionalisti piemontesi, mettendoli in contatto con i Liberali lombardi! Ho temporeggiato, mi sono difesa mostrandomi estranea alla politica, ho negato ogni legame con la Carboneria…ora attendo il giudizio. “COSTANZA E PERSEVERANZA!”

NOTE

*VENDITE= L’organizzazione della CARBONERIA, di tipo gerarchico, era molto rigida e aperta soltanto agli uomini: i nuclei locali, detti BARACCHE, erano inseriti in agglomerati più grandi, detti VENDITE, che a loro volta dipendevano dalle VENDITE MADRI e dalle ALTE VENDITE.

** BRUNO PINCHERLE che ha visionato e pubblicato i verbali

PER APPROFONDIRE

VALENTINA CALDERAN, Donne che hanno fatto l’Italia. Alba Edizioni 2022

AZZURRA TAFURO, Dare madri all’Italia. Viella 2021

FILIPPINI-GAZZETTA, L’altra metà del Risorgimento. CIERRE ED. 2011

ADRIANO BASSI, Eroine del Risorgimento. Amore e politica al femminile. L’onda 2021

Prof.ssa Francesca Zerman-Dipartimento di Lettere

Diletta De Luca 5^F curatrice della locandina